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Non solo calcestruzzo più efficiente, ma costruzioni migliori

Con la pubblicazione della UNI/PdR 176:2025, la sostenibilità del calcestruzzo diventa una prestazione di progetto, misurabile e prescrivibile. Una svolta che Atecap ha fortemente voluto e accompagnato, ponendo al centro il ruolo del calcestruzzo nella transizione ecologica. Ne parliamo con Roberto Belloni, Vicepresidente dell’Associazione con delega alla Sostenibilità.

Vicepresidente Belloni, perché Atecap ha deciso di promuovere una Prassi di Riferimento sulla sostenibilità del calcestruzzo?
L’idea che ha preso forza in Associazione è stata quella di spostare il focus da una sostenibilità legata solo alla produzione a una più ampia, che coinvolga anche progettazione e costruzione. Il calcestruzzo non è un materiale statico: è parte integrante dell’opera e incide direttamente sulle sue performance ambientali. Avevamo bisogno di strumenti per aiutare chi progetta e chi prescrive a fare scelte consapevoli, basate su dati e logiche prestazionali. La UNI/PdR 176:2025 risponde a questa esigenza.

Cosa cambia concretamente per progettisti e committenti?
La UNI/PdR 176:2025 fornisce un linguaggio tecnico condiviso e dei metodi operativi. Il metodo delle classi di efficienza, in particolare, permette di valutare il rapporto tra emissioni di CO₂ e prestazioni meccaniche del calcestruzzo. Non si guarda più solo alla miscela, ma a come il materiale si comporta nel tempo. In questo modo si può progettare un’opera che consuma meno risorse, dura di più, richiede meno manutenzione. È un cambio di prospettiva radicale, che guarda al ciclo di vita dell’opera.

Quanto è pronta la filiera a recepire questi strumenti?
La sfida è culturale prima ancora che tecnica. Abbiamo imprese pronte e capaci di offrire calcestruzzi con caratteristiche ambientali evolute, ma serve un mercato che riconosca e premi queste soluzioni. Atecap sta lavorando per diffondere il più possibile queste logiche tra committenti pubblici e privati, progettisti e stazioni appaltanti. È un’opportunità straordinaria: possiamo contribuire a costruire meglio, con maggiore efficienza, senza compromettere la qualità e la sicurezza delle strutture.

In che modo questa prassi dialoga con le politiche nazionali e comunitarie sul clima?
Perfettamente. La UNI/PdR 176:2025 è allineata con gli obiettivi europei di decarbonizzazione e con le nuove direttive sulla rendicontazione di sostenibilità. Ma, soprattutto, traduce questi obiettivi in indicazioni tecniche operative. È il punto di incontro tra la visione politica e la pratica del cantiere. Se vogliamo raggiungere risultati concreti in termini di impatto ambientale, dobbiamo agire già in fase di progetto. E questo vale in particolare per un materiale così diffuso come il calcestruzzo.

Quali saranno i prossimi passi per Atecap su questo fronte?
Intendiamo rafforzare il dialogo con tutti gli attori della filiera, promuovere formazione, aggiornamento tecnico e strumenti operativi. La sostenibilità, per essere efficace, deve essere concreta e accessibile. Vogliamo che la PdR non resti un documento di principio, ma diventi parte della quotidianità di chi lavora nel nostro settore. E ci auguriamo che possa essere anche un riferimento per la futura normazione europea.

Una battuta conclusiva: che calcestruzzo è davvero sostenibile, secondo lei?
È sostenibile un calcestruzzo che consuma meno risorse, ma anche uno che dura di più, che consente di costruire in modo più consapevole. La sostenibilità non è un’etichetta, è un approccio progettuale. E oggi il calcestruzzo ha tutti gli strumenti per essere protagonista di questa evoluzione.

Leggi l'articolo impaginato su ICMQ Notizie n. 119

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