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Niente sostenibilità senza LCA

Appurato che comunicare aspetti ambientali è ormai parte integrante della società attuale, sono sempre più le aziende che decidono di guardare oltre il profitto, o almeno quello a breve periodo, per valorizzare gli aspetti che le legano alla sostenibilità ambientale in base al settore in cui operano. C’è però un acerrimo nemico che può far venir meno la bontà delle scelte virtuose: il Greenwashing, ovvero l’ambientalismo di facciata nato negli anni settanta che negli ultimi tempi si è sempre più diffuso e indica una “strategia” di comunicazione di alcune imprese, organizzazioni o istituzioni politiche finalizzata a costruire un'immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell'impatto ambientale, allo scopo di distogliere l'attenzione dagli effetti negativi per l'ambiente dovuti alle proprie attività o ai propri prodotti.
Questi fenomeni sleali devono essere osteggiati a riguardo di chi si impegna realmente per l’ambiente, implementando politiche e scelte volte alla riduzione degli impatti ambientali, del ricorso a materie prime vergini e migliorando il benessere sociale attraverso studi normati, misurazioni regolamentate e certificazioni riconosciute e credibili.

Lo strumento messo a punto in Danimarca per orientare le aziende
Con lo scopo di aumentare l’affidabilità delle dichiarazioni ambientali e combattere l’ecologismo di facciata, l’Ombudsman danese, ente analogo alla nostra Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), ha pubblicato la “Guida rapida per le aziende sul marketing ambientale” che raccoglie tutte le principali decisioni emesse dalle autorità di competenza con l’intento di poter distinguere con chiarezza il limite tra il lecito e l’illecito e dotare le imprese di un utile vademecum per comunicare correttamente e nel rispetto dei consumatori i propri valori ambientali.
Il documento, scaricabile al seguente link contiene una serie di esempi di decisioni dei tribunali danesi riguardo affermazioni non trasparenti, spiegando come invece queste dovrebbero essere sostanziate.
La guida afferma che qualsiasi dichiarazione ambientale, soprattutto se generica, per non incorrere nel rischio di essere considerata “greenwashing”, deve essere accompagnata dalla spiegazione dettagliata del suo significato e supportata da analisi scientificamente fondate e riproducibili.

In particolare, l’autorità danese precisa che:

• un’affermazione di sostenibilità di un prodotto non può riferirsi solo a miglioramenti marginali nella sua performance ambientale, a meno che questo venga chiaramente ed opportunamente indicato;
• il claim pubblicizzato non può essere ottenuto tramite attività che siano intrinsecamente dannose all’ambiente (viene portato l'esempio di un prodotto multistrato che, nonostante non necessiti di verniciatura, non può essere considerato “green” in quanto le sostanze utilizzate per produrlo lo rendono ambientalmente dannoso);
• non è considerato "legale" utilizzare termini come “environmentally friendly” per prodotti provenienti da settori particolarmente inquinanti;
• il beneficio ambientale descritto non deve essere la norma per la categoria di prodotto considerata: anzi, il prodotto pubblicizzato come “buono per l’ambiente” deve essere fra i migliori sul mercato in termini di impatto sull’ambiente e deve essere dimostrabile tramite il confronto con i competitor;
• se i requisiti ambientali rispettati sono richiesti dalla legge, questi non devono essere pubblicizzati come caratteristiche specifiche del prodotto.

Il concetto fondamentale che riflette la Guida è che in assenza di dati precisi non è legittimo parlare di “sostenibilità” e indica l’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment – LCA: verificato o supportato da ricerche o entità indipendenti) come lo strumento di misurazione da adottare per non incorrere nel rischio di formulare messaggi vaghi e fuorvianti, e quindi perseguibili in quanto ingannevoli.

Il valore del Life Cycle Assessment
Il Life Cycle Assessment, basato sulle norme UNI EN ISO 14040 e 14044 è infatti una metodologia oggettiva di valutazione e quantificazione dei carichi energetici e ambientali e degli impatti potenziali associati a un prodotto o un servizio, a un processo o più genericamente a un’attività lungo l’intero ciclo di vita, cioè dall’acquisizione delle materie prime fino all’eventuale smaltimento o recupero ed è considerata la fonte più attendibile per garantire la sostenibilità ambientale di un bene, prodotto o servizio.

L’introduzione di questa guida è spinta anche dal fatto che uno studio della Commissione Europea (2021) ha rilevato che più della metà delle comunicazioni dei siti internet aziendali oggetti dello studio ricadessero nell’illecito. Il 37% di questi green claim fuorvianti si basava su affermazioni vaghe e generiche, il restante 59% era privo di informazioni oggettive e dati a sostegno.
Sempre nel 2021, a novembre, anche l’Italia, in particolare il tribunale di Gorizia, ha avuto la sua prima sentenza di condanna per greenwashing a dimostrazione che questo tema stia diventando più cogente che mai.

Leggi l'articolo su ICMQ Notizie n. 108

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