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Lo scenario dei prodotti sostenibili USA

Intervista a Prof. Antonio Nanni – Università di Miami
Il Professor Antonio Nanni, è ormai da più di 30 anni che si occupa di studiare le caratteristiche dei materiali presso l’Università di Miami e altre università statunitensi. Per dare ai nostri lettori un’idea più completa dello scenario internazionale abbiamo voluto intervistarlo per il nostro notiziario.

Ci può sinteticamente illustrare quali sono i principali filoni di attività del suo dipartimento soprattutto quelli legati alla sostenibilità dei materiali?

Parlando di ricerca e sviluppo del mio gruppo in particolare, l’impegno riguarda materiali compositi per rinforzo esterno (ripristino e/o restaurazione) e rinforzo interno per nuove costruzioni in calcestruzzo armato o precompresso (c.a. e c.a.p.). Dove sta la sostenibilità di questi materiali compositi che chiamiamo fiber-reinforced-polymer o FRP in breve? La risposta può avere molte sfaccettature a partire dal peso che essendo circa un settimo di quello dell’acciaio permette risparmi in trasporto e installazione (non dimentichiamo che basso peso contribuisce al mantenimento della salute delle maestranze). Comunque la ragione che suscita il più grande interesse nell’FRP e di qui la rilevanza per la società intera è la resistenza alla corrosione: il tallone d’Achille delle strutture ordinarie in c.a. e c.a.p. Questa caratteristica degli FRPs si traduce in longevità delle strutture, abbassamento significativo dei costi di manutenzione e, per quanto concerne l’infrastruttura dei trasporti, un minore impatto sulla mobilità del pubblico. Il nostro impegno come gruppo va oltre la ricerca fondamentale, e copre l’implementazione includendo: sviluppo di normativa, metodi progettuali e trasferimento tecnologico. Guardare al rinforzo di strutture in c.a. e c.a.p. è una faccia della moneta. L’altra, ugualmente critica, consiste nella ricerca focalizzata sul calcestruzzo stesso. In questo settore e con il contributo di colleghi più vicini di me alla scienza dei materiali stiamo studiando: leganti alternativi (a parziale sostituzione del cemento Portland), miscele con acqua di mare, uso di nano-materiali e modellazione a multi-scale. Gli obbiettivi in termini di sostenibilità rimangono simili: aumentare le prestazioni fisico-meccaniche e, soprattutto con i leganti alternativi, ridurre la produzione di CO2.

Ormai in Europa, con l’implementazione dell’European Green Deal, è diventato indispensabile realizzare le opere ponendo particolare attenzione alle caratteristiche di sostenibilità. Anche in Italia la sensibilità è molto cresciuta in questi ultimi anni; infatti sono sempre più utilizzati protocolli di sostenibilità che provengono d’oltre oceano, come il Leed per gli edifici ed Envision per le infrastrutture. Com’è la situazione americana? Quanto conta oggi per un produttore di materiali avere prodotti green nel proprio catalogo per poter accedere al mondo degli appalti, sia pubblico che privato?
Anche se negli ultimi anni si sono fatti passi da gigante nella sensibilizzazione sia del pubblico che dei committenti (pubblici e privati), l’implementazione della sostenibilità sia da un punto di vista progettuale che dei materiali utilizzati rimane sporadica. Mancando una normativa cogente, la scelta del grado di sostenibilità rimane nelle mani del committente. Faccio un esempio tipico di Miami: nel caso di torri residenziali dove il committente è il “developer” che ha come unico obbiettivo quello della vendita di appartamenti, l’idea della sostenibilità passa in secondo piano rispetto al costo dell’opera e la velocità di costruzione. Rimane comunque chiaro che l’etichetta di materiale/tecnologia “verde” rappresenta un attributo di grande interesse, anche per questa classe di committenti, quando non si discosti troppo dal costo dei materiali/tecnologie ordinarie.
Ci sono sviluppi interessanti nelle organizzazioni professionali, come per esempio l’American Society of Civil Engineers (ASCE) che sta diventando attiva con programmi di certificazione per progettisti con il “Sustainable Infrastructure Certificate Program.” Similmente, sviluppa collaborazione con altre organizzazioni che rappresentano comunità locali come il “Global Covenant of Mayors for Climate and Energy”.

Nonostante sia da molto tempo negli USA ha sempre mantenuto uno stretto rapporto con l’Italia, essendo stato professore ordinario presso l’Università Federico II di Napoli. Potrebbe svolgere un ruolo da “ponte” per le aziende italiane che volessero affrontare il mercato americano, fornendo loro informazioni, prove o certificazioni che possano consentire loro di essere conformi ai requisiti previsti dal quel mercato?
Effettivamente l’idea del ponte virtuale tra Italia e Stati Uniti è sempre stato e rimane l’ago della mia bussola. L’esperienza alla Federico II, grazie a colleghi come Edoardo Cosenza e Gaetano Manfredi, mi ha dato la possibilità di conoscere dall’interno il sistema universitario Italiano di cui avevo esperienza solo come studente nella seconda metà degli anni settanta all’università di Bologna. Oggi, il nostro rapporto di collaborazione accademica con l’Italia tocca molti atenei da Lecce a Torino, passando ovviamente per Napoli, Bologna e Milano. Abbiamo attivi scambi di studenti e docenti e, nel caso di UNIBO, anche on dual degree: Laurea Magistrale-Master.

Ho menzionato i rapporti accademici per arrivare ai rapporti che stimolano e completano quelli con l’industria Italiana che opera nel mondo delle costruzioni. Senza scendere in dettagli, diverse aziende italiane che sviluppano prodotti/tecnologie nel settore dei compositi hanno un rapporto diretto con noi. Una delle ragioni sta nel fatto che gestiamo un laboratorio accreditato ISO 17025. Questo ci permette di fare validazione di prodotti e tecnologie innovative per dimostrare la loro compatibilità con la normativa vigente negli USA. La validazione è indispensabile per poter distribuire nel mercato non solo statunitense, ma anche in Paesi dove vige la normativa dell’International Building Code (IBC) (ad esempio, l’Arabia Saudita).

Collaboriamo, inoltre, con il Consolato Generale Italiano a Miami e la Italy-America Chamber of Commerce Southeast per facilitare i rapporti commerciali con aziende italiane. A questo proposito e rimanendo nel settore dell’edilizia, vorrei sottolineare i nostri continui sforzi per armonizzare le procedure di caratterizzazione e accettazione dei materiali innovativi. Nel gennaio del 2019, abbiamo promosso e ospitato a UM un incontro tra i vertici del CNR-ITC e l’equivalente americano International Code Council - Evaluation Service (ICC-ES) che hanno siglato un accordo di collaborazione a tale proposito.


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