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BIM -Valutazione dei requisiti di ammissione all’esame: facciamo chiarezza

Come è ormai noto, per accedere all’esame di certificazione delle competenze BIM, la PdR UNI 78/20 ha stabilito che sia effettuata una verifica dei requisiti di esperienza del candidato.
Questo requisito preliminare deriva dalla necessità di non affidare la verifica delle competenze al solo esito della prova di esame, ma di valutare che il candidato abbia maturato nel tempo anche un’esperienza concreta sul campo.
Questo requisito non è previsto per tutti gli schemi di certificazione delle competenze, ma solo per alcune particolarmente complesse come ad esempio, oltre al BIM, gli esperti in gestione dell’energia (EGE) e i Project Manager (PM).
L’obiettivo è chiaramente quello di avere maggiore sicurezza che il candidato abbia già applicato le conoscenze prima di sostenere l’esame, dando evidenza, con il superamento della prova, di aver effettivamente consolidato le abilità previste dalla normativa di riferimento. Ritornando alle certificazioni BIM, il livello di complessità nel seguire il criterio di valutazione è dovuto principalmente al fatto che la norma UNI 11337-7 ha inserito molti ambiti di competenze prima non attribuite alla tradizionale figura del progettista. Questa forma di innovazione, pur se indispensabile per caratterizzare gli operatori dell’industria 4.0, ha creato alcuni problemi di interpretazione nell’autovalutazione del proprio profilo.
Ricordiamo nella tabella, riportata in allegato, i requisiti previsti per poter accedere all’esame.
Se per quanto riguarda il riferimento all’esperienza di lavoro di tipo “generico” nell’aria tecnica di riferimento non si riscontrano problemi di sorta, qualche difficoltà si intravede nel descrivere l’esperienza nel profilo per il quale si richiede la certificazione.
Senza addentrarci troppo nei dettagli di tutte le figure, prendiamo ad esempio come riferimento il caso (forse più complesso) del BIM Manager. Premesso che gli ambiti di competenza attribuiti dalla norma sono ben 19, dimostrare di aver svolto esperienze lavorative in grado di ricoprirle tutte, a volte non è così semplice. Il problema oltre che di contenuto è anche di forma. Nel senso che se da un lato non è semplice dimostrare di aver svolto tutte le attività richieste dalla norma, dall’altro accade che il candidato, spesso in buona fede, non conosca l’esatta dicitura con cui la norma etichetta un tipo di attività piuttosto che un’altra. In pratica ci si trova a chiamare con nomi diversi la stessa attività. Da qui l’ovvia difficoltà dell’organismo di valutazione delle competenze, nel valutare i requisiti descritti dal candidato in fase di iscrizione all’esame.
È importante dunque conoscere adeguatamente l’approccio seguito dalla norma per classificare le competenze ai fini della qualifica del profilo di cui si tratta, e declinarlo nella propria attività quotidiana. Ricordiamo, inoltre, che l’esperienza di lavoro specifica dovrà essere dimostrata fornendo evidenza di aver partecipato allo sviluppo di almeno una commessa con la metodologia BIM. Questo potrebbe in parte aiutare perché, una commessa presuppone comunque una serie di attività intrinseche riconducibili per buona parte agli ambiti di competenza della normativa in questione.
Le richieste di certificazione degli esami BIM, nonostante le complessità anzidette, hanno tuttavia il vantaggio di poter fruire del regime dell’autodichiarazione. Ricordiamo infatti che le esperienze di lavoro, sia generiche che specifiche, vanno semplicemente elencate e documentate nel proprio CV, con espressa firma e menzione della veridicità delle stesse da parte del candidato. Ciò a differenza di altri esami (ad es. EGE) in cui si deve fornire la documentazione a supporto dell’esperienza effettivamente svolta.
Non tutti i mali vengono quindi per nuocere, purchè si continui a mantenere un approccio rigoroso alle dichiarazioni fornite da parte del candidato, e alle conseguenti verifiche effettuate dagli operatori di mercato preposti.

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