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La moda verso criteri più sostenibili

Il 5 e 6 giugno scorsi, i Mercati di Traiano hanno ospitato la quinta edizione del Phygital Sustainability EXPO, appuntamento europeo dedicato all’integrazione fra sostenibilità, moda, design e infrastrutture. In qualità di sponsor ufficiale della manifestazione, ICMQ ha presidiato l’evento con un proprio spazio informativo e con una serie di contributi tecnici guidati dal presidente e direttore generale Lorenzo Orsenigo. La partecipazione al Phygital Sustainability EXPO ha consolidato la visibilità di ICMQ presso stakeholder internazionali e ha generato nuove interlocuzioni con aziende e istituzioni impegnate nella transizione ecologica.

Abbiamo colto l'occasione per fare un'Intervista a Valeria Mangani, Presidente di "Sustainable Fashion Innovation Society", promotore dell'evento.

Durante il Phygital Sustainability Expo di quest’anno lei ha dichiarato che: “Oltre il 70% delle aziende italiane investe sulla sostenibilità”. Significa che abbiamo raggiunto l’obiettivo?
Direi che siamo certamente sulla buona strada, ma non possiamo ancora parlare di un traguardo raggiunto. Il dato che ho citato fotografa una crescente consapevolezza da parte delle imprese italiane, che hanno compreso come la sostenibilità non rappresenti più una scelta opzionale, bensì una leva strategica imprescindibile per la competitività. Tuttavia, affinché questo investimento produca un reale impatto sistemico, occorre un cambio di paradigma più profondo: serve passare dalla semplice adozione di pratiche sostenibili alla loro piena integrazione nei modelli di governance, produzione e consumo. Solo allora potremo dire di aver raggiunto davvero l’obiettivo.

Oggi esistono diversi strumenti a servizio delle aziende per avviare un percorso di sostenibilità. Le certificazioni sono sicuramente tra questi. Quali ritiene più utili e cosa pensa di chi decide di certificarsi?
Le certificazioni rappresentano uno strumento essenziale per conferire credibilità e trasparenza al percorso di sostenibilità di un’azienda. In un mercato sempre più affollato da dichiarazioni green, spesso non supportate da dati verificabili, la certificazione svolge un ruolo chiave nel contrastare fenomeni di greenwashing e nel rafforzare la fiducia dei consumatori. Tra le più significative, ritengo particolarmente utili le certificazioni ambientali di prodotto (come EPD), quelle di processo (come ISO 14001) e le più recenti legate alla due diligence sociale (SA8000, PAS 24000). Chi sceglie di certificarsi dimostra un impegno concreto, misurabile e soprattutto responsabile verso la sostenibilità, contribuendo a elevare gli standard dell’intero comparto.

Lei ha avviato con ICMQ un percorso per supportare su questi aspetti il mondo della moda. Ci racconta questo progetto?
Con grande soddisfazione, abbiamo avviato una sinergia virtuosa con ICMQ, per costruire un percorso strutturato a supporto delle aziende del comparto moda e design interessate ad avvicinarsi alla sostenibilità in modo consapevole e rigoroso. L’obiettivo è duplice: da un lato, fornire strumenti pratici e accessibili per orientarsi nel complesso panorama delle certificazioni; dall’altro, accompagnare le imprese, in particolare le PMI, in un cammino di transizione che non sia meramente formale, ma che generi valore duraturo e misurabile.
Si tratta di un’iniziativa pionieristica che intende colmare un vuoto metodologico e offrire alle aziende uno strumento concreto e coerente con le direttive europee più avanzate. Questo progetto rappresenta un passo fondamentale verso una filiera più trasparente, tracciabile e responsabile, nonché un prezioso contributo alla definizione di standard nazionali per la misurazione dell’impatto ambientale nella moda che presenteremo con ICMQ al prossimo Tavolo Nazionale della Moda che il Ministro Urso convoca periodicamente al Ministero delle imprese e del made in Italy e di cui Sustainable Fashion Innovation Society fa parte nel ruolo di Esperta del Ministro per la transizione energetica.

Guardando ai trend normativi e di mercato dei prossimi cinque anni, in che modo le certificazioni di sostenibilità diventeranno ancora più decisive e come possono le aziende prepararsi sin da ora?
Nei prossimi anni, le certificazioni non saranno più una “facoltà”, ma una vera e propria condizione abilitante per l’accesso ai mercati, ai finanziamenti e alle filiere produttive internazionali. Con l’entrata in vigore del Regolamento Ecodesign, del Green Claims Directive, della Corporate Sustainability Due Diligence e dell’obbligo di Digital Product Passport, sarà richiesto alle aziende di dimostrare, in maniera trasparente e verificabile, l’impatto ambientale e sociale dei propri prodotti e processi. Per non farsi trovare impreparate, le imprese dovrebbero già da ora dotarsi di strumenti di misurazione, adottare standard certificabili, e avviare processi di digitalizzazione e tracciabilità. In questo contesto, le certificazioni diventeranno non solo un requisito normativo, ma anche un vantaggio competitivo decisivo.

Leggi l'articolo impaginato su ICMQ Notizie n. 119

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ICMQ è organismo di certificazione di terza parte accreditato da Accredia e specializzato nel settore dell’edilizia e delle costruzioni.