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La sostenibilità non va proclamata: va misurata!

Lo scorso 27 agosto Dws, la società di asset e wealth management controllata da Deutsche Bank, è finita sotto la lente delle Authority negli Usa e Germania (la Sec e la Bafin) perché sospettata di aver “esagerato le credenziali ambientali o sociali di alcuni prodotti di investimento con etichetta Esg”. Il titolo è crollato del 13,7%. Negli ultimi anni abbiamo visto un’enorme crescita dei prodotti finanziari con l’etichetta Esg (Environment, social e governance) sui mercati globali, con un’offerta che nel 2020 ha raggiunto il valore di 1,7 trilioni di dollari. Da dati pubblicati sul Corriere della Sera, si rileva che su 593 fondi azionari identificati come Esg con oltre 265 miliardi di dollari di patrimonio netto totale, ben 421 (il 71%) sono disallineati rispetto agli obiettivi climatici globali di Parigi. Nella categoria più ristretta dei fondi climatici, 72 su 130, con oltre 67 miliardi di patrimonio netto totale, gestiti da grandi nomi come BlackRock e State Street, non solo non hanno i portafogli allineati con gli obiettivi di Parigi, ma i loro fondi continuano a detenere azioni per 153 milioni di dollari in società della catena dei combustibili fossili, come TotalEnergies, Halliburton, Chevron e ExxonMobil.
Lo stesso problema di “greenwashing”, ovvero di dichiarazioni di prestazioni ambientali non veritiere, esiste anche per i prodotti che possiamo acquistare direttamente sul mercato. Con ordinanza cautelare del 26 novembre 2021, il Tribunale di Gorizia ha accolto il ricorso d’urgenza presentato da Alcantara S.p.A. e ha dichiarato ingannevoli i messaggi pubblicitari, diffusi da un concorrente, incentrati sui benefici ambientali di alcuni suoi prodotti di tessuto per auto. Il Tribunale di Gorizia ha affermato che “la sensibilità verso i problemi ambientali è oggi molto elevata e le virtù ecologiche decantate da una impresa o da un prodotto possono influenzare le scelte di acquisto del consumatore”, aggiungendo che le “dichiarazioni ambientali ‘verdi’ devono essere chiare, veritiere, accurate e non fuorvianti, basate su dati scientifici”.
Ciò significa che i consumatori, oggi, considerano la sostenibilità come un criterio sempre più importante nelle scelte di acquisto. A prova di questo, un’indagine del Capgemini Institute Research, che ha coinvolto 7.500 consumatori in tutto il mondo, ha rilevato che il 79% di loro sta modificando le proprie preferenze in base a criteri di responsabilità sociale, inclusività o impatto ambientale. Si deve però fare i conti con aziende e organizzazioni che sono concepite per un altro tipo di economia e che devono cambiare i propri comportamenti, la loro cultura e l’organizzazione in breve tempo. Occorre dotarsi di figure che in azienda promuovano le tematiche Esg e di altre che monitorino i risultati ottenuti per verificare di essere in linea con gli obiettivi e le tempistiche prefissate. I risultati conseguiti hanno poi bisogno di essere certificati da enti terzi di riconosciuta autorevolezza sul mercato, che utilizzino schemi di certificazione credibili, efficaci e che permettano di misurare la sostenibilità raggiunta. Bisogna dar conto dei risultati ottenuti con delle misure affidabili, comprensibili e comparabili con quelli degli altri operatori di mercato.
Non è più tempo di proclami senza alcuna sostanza: il “greenwashing” viene severamente punito dal mercato.

Leggi l'editoriale impaginato su ICMQ Notizie n. 104

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