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I vantaggi del SGBIM per un approccio più strutturato

Intervista a Ernesto Sacco, Responsabile U.O. Metodi e strumenti di modellazione delle Infrastrutture, Direzione Progettazione e Realizzazione Lavori Coordinamento Progettazione, ANAS S.p.A.

Come sta affrontando ANAS la transizione digitale e quindi l’approccio al metodo BIM?
Traguardare la digitalizzazione nella gestione degli asset è un obiettivo ambizioso, soprattutto per società come ANAS che sono impegnate in tutti i momenti di sviluppo dell’infrastruttura: progetto, realizzazione, manutenzione, gestione.
Pur nella consapevolezza che l’impatto della digitalizzazione ha esiti positivi rispetto al bilancio dell’intero processo, tali momenti presi singolarmente restituiscono saldi significativamente diversi rispetto al lavoro necessario e ai risultati conseguiti. Infatti, se è innegabile che la disponibilità di un asset digitale sia estremamente vantaggioso nelle fasi di manutenzione e gestione, tale vantaggio è meno immediatamente evidente nella fase di costruzione, per apparire quasi evanescente nella fase di progetto che, posta all’inizio del percorso, richiede i maggiori sforzi, che restano però indispensabili affinché tutto il processo possa concludersi con un bilancio positivo.
Risulta perciò chiaro che l’approccio, in termini di strategia e modalità di attuazione, non potrà essere identico, ma dovrà, per ciascuno dei diversi momenti, essere modulato con intensità esattamente inversa al saldo di ciascuno di loro.
Quindi, per chiarire, a fronte di vantaggi meno percepibili durante la fase di progettazione, il lavoro impiegato, per conseguire le basi di una efficiente digitalizzazione, dovrà essere massimo.
Questo, a mio avviso innegabile, stato di cose è la maggiore resistenza al processo di digitalizzazione in atto nel mondo delle costruzioni in generale e delle infrastrutture in particolare: il ritorno dell’investimento non è misurabile in termini di giorni o di mesi, ma di anni.
ANAS ha intrapreso, dal 2015, non senza difficoltà, questo percorso partendo da una profonda disamina dei processi legati alla fase di progettazione, il cui esito si è concretizzato nella definizione di un proprio Modello Dati, posto a corredo, ma forse è più vero il contrario, dei propri capitolati informativi.
ANAS ha, compreso che per attuare una reale digitalizzazione del progetto fosse necessario in via preliminare definire un preciso fabbisogno informativo che il modello digitale avrebbe dovuto soddisfare, e che detto fabbisogno informativo dovesse necessariamente, per una Stazione Appaltante, costituire elemento centrale del contratto tra le parti coinvolte. Di qui la scelta sopra descritta di unire un Modello Dati, ossia la descrizione del fabbisogno informativo, declinato in maniera quanto più dettagliata e completa possibile, con i capitolati informativi allegati ai contratti dei servizi di ingegneria.
Questo passo, tutt’altro che facile nella sua semplicità, è stato l’elemento che di più ha portato la digitalizzazione al centro della fase progettuale Lo step che ha consentito di non poter più procedere, secondo una prassi purtroppo oggi in voga, ad un progetto prima ed alla sua “copia” digitale poi, ossia assistere a due fasi distinte portate avanti anche da attori diversi, ma ha reso necessaria sin da subito la partecipazione di tutte le figure coinvolte nel processo, tentando di imporre, o, perlomeno facilitare, il concretizzarsi di uno degli aspetti di maggior vantaggio del BIM: la collaborazione.

Quale impatto avrà sulla filiera l’adozione del BIM da parte di ANAS?
L’entrata in vigore del Decreto BIM (DM 560/2017), che sancisce l’uso obbligatorio della metodologia negli appalti pubblici, ha rappresentato una spinta decisiva per l’avvio della digitalizzazione per tutte le Stazioni Appaltanti. Tuttavia, come detto, il bilancio della digitalizzazione non è costante nei diversi momenti del ciclo di vita delle infrastrutture.
Per le società di architettura e ingegneria, infatti, nonostante i maggiori costi, legati alla formazione e all’acquisizione delle competenze necessarie per esercitarle, e gli sforzi, legati ai momenti di studio e avvio della progettazione, non pare potersi individuare un’effettiva voce di minor costo per la redazione della progettazione, né la possibilità, almeno in ambito pubblico, di un maggior compenso a fronte dell’uso della metodologia.
Questo ha fatto emergere come, superando iniziali dichiarazioni di entusiastica adesione quasi unanimi, non tutti gli operatori abbiano la necessaria preparazione per valutare correttamente l’offerta e per eseguire correttamente la prestazione. Personalmente ritengo che, per superare l’impasse, la sola selezione del mercato potrebbe non essere sufficiente, e forse non lo sono neppure indicazioni a carattere più o meno volontario, si pensi ad esempio alla trattazione dell’equo compenso di cui alla Linea Guida 1 di ANAC.
Potrebbe quindi essere necessario, soprattutto in una fase iniziale, un intervento del Legislatore che, ove ci sia l’obbligo di uso della metodologia BIM, consenta, o forse meglio disponga, per le Stazioni Appaltanti di attingere ad un elenco di operatori realmente qualificati da istituire su base nazionale.
Sicuramente una qualificazione in tal senso sarebbe un ulteriore onere per le società di ingegneria, ma potrebbe forse concorrere alla formazione di un mercato in cui, effettivamente, la competizione sia resa tra soggetti ugualmente preparati.
Inutile dire che, preliminarmente, la Stazioni Appaltanti dovranno dimostrare di aver sviluppato strumenti in grado di definire l’effettivo fabbisogno informativo degli asset che intendono porre in appalto, e quindi l’ormai più volte rimandata istituzione di un sistema di qualificazione delle Stazioni Appaltanti dovrebbe trovare effettiva attuazione, e avere particolare riguardo alla dimostrata o meno capacità di adozione di metodi e strumenti specifici quali quelli di modellazione – o meglio di digitalizzazione informativa - per l’edilizia e le infrastrutture .

Quali sono i motivi che vi hanno portato a certificare il vostro sistema di gestione BIM?
In funzione di quanto già delineato, nasce per ANAS la volontà di procedere ad una certificazione del proprio sistema di gestione BIM. Infatti, la presenza di sistemi di gestione della qualità conformi alla Uni En Iso 9001 e l’utilizzo dei metodi e strumenti elettronici specifici per la modellazione, costituiscono, e, come detto, dovrebbero farlo sempre di più, un parametro di valutazione dei requisiti premianti ai fini della qualificazione delle stazioni appaltanti di cui all’art. 38 del D.Lgs. 50/2016.
Procedere alla certificazione del Sistema di Gestione BIM, secondo UNI/PdR 74:2019, già predisposta in coerenza con la Uni En Iso 9001:2015, contribuirà inoltre a gettare le basi per completare il percorso in materia di gestione dei processi legati alle fasi successive alla progettazione, rendendolo coerente con l’attuale sistema di gestione della qualità aziendale.

Quali aspettative e quali vantaggi vi attendete?
Guardando all’evoluzione del mondo delle costruzioni in Italia negli ultimi decenni, ciò che sembrava evidente era la consapevolezza che l’attuale processo progetto-esecuzione-manutenzione necessitasse di un approccio nuovo e più strutturato, che ne consentisse una più facile gestione nel tempo.
Nella sostanza, sugli attori pubblici, che bandiscono appalti e gestiscono le infrastrutture e il patrimonio edilizio del Paese, è in effetti ricaduto l’onere di avviare estensivamente l’uso della metodologia BIM e di misurarne concretamente i vantaggi, poiché solo il concretizzarsi effettivo di questi potrà sancire l’efficacia della nuova metodologia e, quindi, renderne naturale, perché conveniente, l’impiego. Se i vantaggi promessi esistono, solo l’uso intensivo da parte delle Stazioni Appaltanti pubbliche può massimizzarli e in tal senso l’obbligo normativo sicuramente risulterà dirimente nell’averli tempestivamente verificati, conseguiti e resi strutturali per il settore delle costruzioni. Al contrario, si sarà comunque conseguito un decisivo contributo alla digitalizzazione del processo, sulla cui necessità oggi nessuno può sollevare dubbi.
Il BIM, con la sua metodologia che vede quale tratto distintivo la costante comunicazione e condivisione, potrebbe forse contribuire a un riavvicinamento delle posizioni e a innestare una cultura che veda come vera premialità il contributo al successo generale. Se il BIM riuscisse, anche solo in parte, a contribuire in questo, rappresenterebbe uno dei cambiamenti più incisivi per il mondo delle costruzioni moderne.

Leggi l'intervista pubblicata su ICMQ Notizie n. 101

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