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Con il BIM più trasparenza ed efficienza. Ma ci vuole collaborazione e fiducia

Pietro Baratono ci parla del BIM e dell'importanza del suo inserimento all'interno delle organizzazioni di progettazione delle opere pubbliche.
Con il Decreto sul BIM anche nel nostro Paese si dà inizio a quel processo di digitalizzazione che va dalla progettazione alla gestione di una commessa fino alla realizzazione e alla manutenzione di un' opera pubblica. Pietro Baratono, attuale Provveditore alle opere pubbliche per la Lombardia e l’Emilia Romagna ne è stato uno dei principali artefici, nella convinzione che inserire nell’attuale organizzazione del sistema degli appalti pubblici l'utilizzo del Building Information Modeling costituisca una grande opportunità di rinnovamento, favorendo quel processo di efficienza, di trasparenza e di controllo oggi quanto mai “carente”. Ma per comprendere in quale modo il BIM possa costituire un vantaggio è necessario partire dall’attuale stato delle cose che caratterizza la struttura e il funzionamento di una stazione appaltante pubblica.
“La mia convinzione è che favorire, da parte delle istituzioni chiamate a svolgere una funzione primaria di committenza sui lavori pubblici, un percorso progressivo di ricorso a processi e modelli informativi digitali che noi impropriamente sintetizziamo con il termine BIM, possa contribuire a una maggiore produttività ed efficienza dell’apparato pubblico. Questo si evince dal confronto con gli altri principali Paesi europei e dagli effetti positivi che si stanno verificando attraverso una maggiore digitalizzazione anche nella gestione delle gare di appalto. Esiste tuttavia una diffusa difficoltà di gestire in maniera efficace il procedimento di appalto. Ciò è dovuto a più fattori. Provo ad elencarli indipendentemente dalla loro importanza, essendo fortemente integrati tra loro. Oserei dire che si richiamano e si rafforzano l’un l’altro, con evidenti effetti negativi. Vi è sicuramente una carenza di organico soprattutto nel nord del Paese, così come di competenze tecniche specialistiche in generale. Inoltre il processo di digitalizzazione è ancora parziale e troppo lento e presenta tutta una serie di contraddizioni e di criticità connesse all’integrazione tra sistemi e piattaforme, a cui si aggiunge un gap generazionale e formativo tra i funzionari superabile anche con l’innesto di nuove leve. A ciò va poi aggiunta una consuetudine ormai consolidata nella gestione delle procedure, scarsamente orientata alla produttività e al risultato finale, così come prevale tra i funzionari pubblici un sentimento di diffidenza e di contrapposizione con gli interlocutori privati, siano essi progettisti o imprese. Atteggiamento peraltro speculare negli operatori. Non va poi dimenticato il contesto normativo e giudiziario in cui i funzionari e i dirigenti pubblici si trovano ad operare, esposti a rischi eccessivamente elevati rispetto ai diversi livelli di responsabilità.
Il funzionario spesso non si sente protetto né dal punto di vista tecnico, né da quello amministrativo, favorendo comportamenti di rigido formalismo che innescano un processo sempre più ampio di burocratizzazione, allungando i tempi delle procedure e abbassando drasticamente la produttività in termini di risultati per i cittadini. È in questo contesto che un processo digitalizzato attraverso il BIM può avere un effetto shock utile a modificare alcune di queste criticità.”
Quali e in che modo?
“Da un punto di vista tecnico e delle competenze, ma in parte anche per quanto riguarda il modo stesso di lavorare e di interagire tra uffici, quindi sul piano dell’organizzazione e della gestione del lavoro è necessario un investimento infrastrutturale e tecnologico accompagnato a un ricambio programmato del personale, favorendo figure tecniche specifiche, visto che il personale amministrativo è più che abbondante. Ciò consentirebbe un riequilibrio e una modernizzazione del sistema. Non va inoltre sottovalutato l’aspetto culturale insito nel BIM basato sull’interazione e sulla collaborazione orientata a un obiettivo comune e dove l’intervento di un attore modifica e condiziona il lavoro degli altri operatori. Un modello che richiede un atteggiamento e una propensione alla collaborazione e non alla diffidenza o alla contrapposizione. Investimento tecnologico, ricambio generazionale, bilanciamento tra le funzioni tecnico-amministrative, sono queste le iniziative su cui puntare. A tutto ciò si collega strettamente una capillare attività di formazione che sappia valorizzare le capacità professionali e di competenza dei singoli territori.”
In quale misura, per facilitare l’applicazione del nuovo modello nella PA, ma anche nel mercato dei lavori pubblici, lei ritiene debba essere modificato il quadro normativo, e su quali questioni?
“È un tema delicato che va affrontato guardando alla funzionalità. Gli aspetti formali, pur importanti, non possono assumere un valore superiore all’obiettivo finale. Così come principi come quelli della trasparenza e della concorrenza debbono essere tenuti in massima considerazione. Detto questo, non possiamo nasconderci che il nostro quadro normativo di riferimento risulta quanto mai stringente in termini di cogenza. Ciò determina quell’effetto, a cui ho già accennato, di favorire una diffusa deresponsabilizzazione della pubblica amministrazione nella gestione delle procedure di concepimento ed appalto di un’opera. Credo che sia necessario allentare la dimensione della cogenza verso una visione più contrattualista nelle regole di progettazione, anche ponendo al centro il valore delle norme condivise, finalizzato a favorire uno spirito e modalità più collaborative tra PA, progettisti e imprese. Un presupposto culturale affinché la diffusione dei metodi e strumenti digitali abbiano successo.”
Come, secondo Lei, si deve procedere per far sì che il ricorso al BIM si affermi secondo gli indirizzi del Decreto, rispettando tempi e obiettivi?
“Sono anch’io convinto che una progressiva ed efficace diffusione del nuovo modello di realizzazione e gestione delle opere non possa prescindere dal ruolo propulsivo della PA. Se siamo convinti che il BIM possa contribuire a migliorare l’efficienza, la qualità dei prodotti edilizi e la sicurezza dell’opera, allora diventa essenziale comprendere la centralità di un processo ampio di ingegnerizzazione e di procedimentalizzazione digitale dell’iter di un opera. Un processo che non può che ritenere essenziale la qualità del progetto. Considerato che oggi la progettazione è particolarmente complessa, la qualità si ottiene attraverso una attenta e qualificata valutazione delle professionalità e quindi dei progettisti esterni. Perché deve essere chiaro che alla PA spetta - e non può essere altrimenti allo stato attuale delle cose – il ruolo di gestire e controllare il processo in quanto titolare della commessa. Ciò deve avvenire attraverso i cosiddetti “metodi e strumenti elettronici” previsti dal Codice. In primo luogo sarebbe, quindi, auspicabile approfondire, oltre agli aspetti tecnico specialistici, anche quelli contrattualistici, oggi poco considerati, che disciplineranno il rapporto, giocoforza collaborativo, tra operatori economici “BIM” e Stazioni Appaltanti. In secondo luogo la PA ha bisogno di un management dedicato. La carenza principale che abbiamo riguarda la figura del Project manager a cui si deve accompagnare una competenza specifica sul BIM attraverso idonee qualifiche professionali, come il BIM Manager e le altre figure correlate.
Il nostro Provveditorato si è mosso in anticipo, ed avremo almeno due Project Manager nonché due persone formate in tanti anni come RUP e DL, che ora sono anche BIM Manager. È urgente investire su queste figure, così da mettere in condizione la PA di gestire in modo competente il processo e i relativi controlli, assicurandone i risultati attesi. Per quanto riguarda i tempi di adeguamento al nuovo modello è ipotizzabile che a una media stazione appaltante sia oggi necessario un tempo compreso tra uno e due anni. Noi, partendo da zero e senza risorse economiche aggiuntive, abbiamo impiegato tre anni ma oggi ci sono tutte le condizioni per ridurre anche del 50% i tempi. Ma è necessario che vi sia una coerente volontà da parte degli amministratori, dei dirigenti e dei funzionari pubblici, di credere nel modello e nella sua utilità, comprendendone i vantaggi in termini anche di organizzazione del lavoro, di soddisfazione e di applicazione delle competenze, avendo altresì chiaro il vantaggio per i cittadini. Si tratta di un aspetto rilevante anche per quanto riguarda la struttura dell’offerta, che non può più sottovalutare la dimensione e la necessità di processi di aggregazione tra progettazione e costruzione.

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