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Zanchini di Legambiente commenta il protocollo Envision

Abbiamo chiesto a Edoardo Zanchini, vice presidente nazionale di Legambiente, alcune valutazioni sull’utilità nel nostro paese del protocollo Envision per infrastrutture sostenibili.
L’attenzione per l’impatto ambientale degli edifici è oggi molto alta. Ma anche le infrastrutture, intese come tutte le opere civili, meritano attenzione negli aspetti sia progettuali che di realizzazione. Legambiente si è più volte espressa sul tema. Quali sono i punti caldi correlati?
La percezione che oggi la qualità dei progetti e delle realizzazioni sia importante è molto cresciuta nell’opinione pubblica, sia per gli scandali legati al fallimento della Legge Obiettivo che per una sensibilità cresciuta nei confronti dei temi ambientali. Come Legambiente pensiamo che la chiave sia nella qualità dei progetti e nella trasparenza delle procedure. Ma oggi vanno finalmente considerati nei progetti anche due obiettivi di cui si è solo discusso in questi anni, ossia il coinvolgimento e l’informazione dei cittadini e i concorsi di progettazione applicati a tutte le opere pubbliche.
Il protocollo americano Envision per la progettazione e realizzazione di infrastrutture sostenibili prende in considerazione alcuni aspetti che lei ha citato. Ritiene che possa essere un utile strumento per la gestione degli impatti ambientali delle opere infrastrutturali?
Ritengo di si. I protocolli anche in altri campi hanno contribuito a far crescere l’attenzione nei confronti degli impatti degli interventi e senza dubbio nel settore delle infrastrutture c’è molto spazio per migliorare attraverso un’attenta impostazione progettuale e valutazione. Oggi alcuni temi in particolare sono importanti negli interventi infrastrutturali. Il primo riguarda il ciclo dei materiali utilizzati nei cantieri e nello smaltimento, per spingere materiali provenienti dal riciclo e ridurre il prelievo da cava. Il secondo è invece di approccio alle trasformazioni del territorio in uno scenario di cambiamenti climatici. Le immagini di infrastrutture sommerse dall’acqua ci ricordano quanto sia fragile il territorio italiano e come vada considerata oggi una prospettiva di accelerazione di fenomeni meteorologici estremi, sia nella forma di precipitazioni che in quella di ondate di calore.

Per leggere l'intervista completa, scarica ICMQ Notizie n. 81.

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